Tutto quello che c’è da sapere sulle normative europee e italiane che regolano l’installazione delle videocamere di sorveglianza in ambienti pubblici e privati.
Lo strano rapporto tra privacy e videocamere
Grazie all’avvento delle telecamere IP, la cui installazione, configurazione e gestione più semplici ma soprattutto il costo più accessibile rispetto ai vecchi impianti a circuito chiuso, la videosorveglianza è diventata ormai una pratica comune ed estremamente diffusa anche in ambito domestico.
La vendita delle telecamere esterne e di quelle interne, infatti, non è soggetta ad alcun tipo di restrizione; queste possono essere tranquillamente acquistate sia in negozio sia online, anzi in commercio è possibile trovare delle telecamere spia che possono essere nascoste in casa o addirittura indossate.
Nella realtà dei fatti, però, bisogna fare molta attenzione; l’uso di determinati tipi di telecamere è considerato illecito e il rischio di subire una denuncia per violazione privacy è più serio di quanto si immagini, cerchiamo quindi di capire cosa dice la legge in merito.
GDPR e Garante della Privacy
Il General Data Protection Regulation, meglio noto come GDPR, è il regolamento europeo che dal 2018 disciplina il trattamento dei dati personali ai fini della tutela della privacy dei cittadini.
Il regolamento non è riferito esclusivamente alla video sorveglianza, ma si pronuncia anche in materia di telecamere intelligenti, cioè di quei dispositivi dotati di software di videoanalisi, per esempio il riconoscimento facciale o l’analisi comportamentale dei soggetti ripresi. Inoltre le direttive sono standard, ovvero stabiliscono linee guida comuni a tutti i Paesi dell’Unione Europea; in ognuno di essi, poi, è presente un organo incaricato di far sì che le direttive siano applicate e rispettate nei vari ambiti specifici: istituzionale, commerciale, pubblico e privato.
Nel nostro Paese è il Garante della Privacy ad avere l’incarico di applicare e far rispettare le direttive contenute nel GDPR, ruolo che svolge mediante il Provvedimento del 2010 che stabilisce due adempimenti specifici: quello di rispettare l’informativa sulla privacy attraverso l’esposizione di un cartello che informi della presenza di telecamere, e quello di rispettare i parametri stabiliti dal GDPR per quanto riguarda l’area inquadrata dalla telecamera.
Cosa devono inquadrare le telecamere
La legge vieta espressamente di effettuare riprese video di aree ad accesso pubblico; questa eventualità si verifica soprattutto nel caso di installazione telecamere su strada pubblica, sia nell’ambito della videosorveglianza dei negozi e delle attività commerciali sia nel privato, quando si orienta la telecamera in modo da riprendere gli accessi principali dell’immobile con inquadrature più o meno ampie.
In questo caso il Garante della Privacy è estremamente chiaro, l’area inquadrata dalla telecamera non può spingersi oltre il bordo del tratto di marciapiede antistante il negozio o la proprietà. Nel caso di abitazioni private con giardino o aree adibite al parcheggio dei veicoli, le telecamere devono essere orientate in modo da non inquadrare la strada, i marciapiedi, altre zone ad accesso pubblico oppure le proprietà confinanti, nemmeno in parte.
Lo stesso discorso vale per gli edifici condominiali; è possibile installare una telecamera all’esterno della propria abitazione, per riprendere la porta d’ingresso o il balcone, ma questa deve essere orientata in modo tale da non inquadrare la tromba delle scale, il pianerottolo, la porta d’ingresso o il balcone del vicino e, in generale, qualsiasi zona ad accesso comune.
L’informativa sulla privacy
Il secondo obbligo a cui adempiere è l’esposizione di un cartello da collocare in modo che risulti visibile e leggibile prima di entrare fisicamente nella zona videosorvegliata, in quanto chi lo legge deve essere in condizioni di scegliere consapevolmente se farsi riprendere oppure no evitando di mettere piede nell’area inquadrata dalle telecamere.
Il cartello va quindi collocato all’esterno della proprietà, oppure all’ingresso negozio; se invece le telecamere di videosorveglianza sono installate all’interno di un appartamento situato in un edificio condominiale, allora il cartello va esposto sulla porta d’ingresso o in posizione adiacente, in modo da risultare visibile alle persone prima che queste entrino in casa.
Dal momento che equivale a una informativa breve, inoltre, il cartello deve rispondere a dei requisiti specifici; deve cioè riportare la scritta Area Videosorvegliata, le citazioni relative al Provvedimento generale dell’8 aprile 2010 sulla videosorveglianza e il nome e i dati di contatto del titolare e del responsabile del trattamento delle immagini registrate. Nel caso in cui il titolare e il responsabile siano la stessa persona, quindi, basterà riportare il nome e dati di contatto di quest’ultima.
Le telecamere sui luoghi di lavoro
A parte i sistemi di videosorveglianza utilizzati nei negozi e nelle attività commerciali, bisogna considerare l’impatto sulla privacy che hanno le telecamere installate negli uffici pubblici, nelle banche, nelle fabbriche e in altri contesti professionali dove sono presenti numerosi lavoratori.
L’installazione delle telecamere di videosorveglianza in questi ambiti, infatti, è regolata dalla legge n. 300 del 20 maggio 1970, nota come Statuto dei Lavoratori, e successivamente modificata dal decreto legislativo n. 151 del 14 settembre 2015, contenuto nel pacchetto di riforme noto come Jobs Act.
Lo Statuto dei Lavoratori autorizza quindi l’uso dei sistemi di videosorveglianza per il controllo a distanza dei lavoratori, ma soltanto per finalità di tipo organizzativo e produttivo, per salvaguardare la sicurezza sul lavoro e per la tutela del patrimonio dell’azienda.
Prima di procedere all’installazione delle telecamere, inoltre, il datore di lavoro è tenuto a stipulare un accordo collettivo con i rappresentanti sindacali oppure, in alternativa, a chiedere l’esplicita autorizzazione all’Ispettorato Territoriale del Lavoro. Per poter utilizzare le telecamere in modo lecito, poi, i dipendenti devono essere informati sul trattamento dei dati, altrimenti la presenza delle telecamere non è ammessa nemmeno se queste sono tenute spente.
L’informativa ai dipendenti è equivalente all’informativa sulla privacy adottata nell’ambito della videosorveglianza privata, quindi i dipendenti devono essere messi al corrente sia della presenza fisica delle telecamere sia delle persone incaricate del trattamento delle immagini, ovvero di coloro che sono autorizzati a intervenire sulle telecamere e visionare le registrazioni video.
Queste ultime, come da regolamento, non possono essere conservate per un arco di tempo superiore alle 24 ore, a meno di non ottenere la debita autorizzazione da parte dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro e dal Garante della Privacy per estendere il limite a sette giorni.
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