Questi strumenti sono molto utili, soprattutto per grandi compagnie come quelle dietro il fenomeno del noleggio delle biciclette, che li sfruttano per raccogliere informazioni sugli utenti.
Chi non ha mai sentito parlare di localizzatore GPS? Dal nome potrebbe sembrare quasi un gadget di Batman o di Spider-man ma in realtà ne portate uno in tasca in ogni momento: lo smartphone. I localizzatori servono a fornire la posizione esatta e sono dunque sfruttati in diversi modi, da quelli più virtuosi – come inviare la posizione a un amico affinché questi ci raggiunga – fino a quelli un po’ più sospetti e malsani, come nel caso di un compagno geloso che vuole scoprire la posizione della propria dolce metà.
Sul mercato è possibile trovarne di diverse tipologie, da quelli pensati per essere collocati in auto, sui propri amici a quattro zampe e su moto e biciclette. Facendo attenzione a questo ultimo caso, in Italia abbiamo visto un aumento del fenomeno del bike sharing. Se vivete in grandi centri urbani vi sarà sicuramente capitato di vedere in giro delle biciclette abbandonate nei luoghi più strani, senza alcun tipo di catena o sistema antifurto.
Il proprietario non è folle, semplicemente non esiste, o meglio, si tratta di multinazionali che mettono a disposizione degli abitanti della città un certo numero di biciclette, che possono essere noleggiate in qualsiasi momento. Tutto ciò che bisogna fare è avvicinarsi con il proprio smartphone, scaricare l’applicazione dedicata ed effettuare il noleggio pagando una modesta somma che va dai 30 ai 50 centesimi ogni mezz’ora.
Storia del bike sharing
Non si tratta di un fenomeno nuovo. Nel 1965, ad Amsterdam, il movimento anarchico chiamato Provos – dal termine Provocation – mise in atto una vera e propria provocazione con le sue “biciclette bianche”. I Paesi Bassi, all’epoca, dipendevano molto dalle automobili, cosa che a vederli oggi sembra assolutamente paradossale.
I numerosi incidenti stradali portarono il gruppo Provos a prendere il cosiddetto “toro per le corna” cercando di sensibilizzare la popolazione, spingendola a usare le due ruote con le loro manifestazioni. Le biciclette colorate di bianco venivano lasciate in giro per la città, a disposizione di tutti. Sebbene all’epoca le bici erano una quantità limitata, circa una dozzina, l’ideatore del movimento Luud Schimmelpenninck ha poi successivamento creato uno dei primi sistemi di bike sharing, con stazioni e bici dotate di chip per il controllo e la gestione dei mezzi.
Rispetto per l’ambiente
Questa iniziativa è sicuramente interessante e ha già coinvolto da qualche anno anche i grandi centri italiani, soprattutto a nord dello stivale, che hanno stretto accordi per la diffusione di migliaia di mezzi a disposizione degli utenti. Chi si muove in centro può così limitare la produzione di smog, evitando di usare la propria vettura ogni giorno, dando una mano all’ambiente.
Che tutti gli utenti siano così virtuosi, però? La risposta è ovviamente no. Il bike sharing è infatti utilizzato per la maggior parte dai giovanissimi e non tutti possiedono un senso civico particolarmente sviluppato. Non sono rari i casi in cui queste biciclette vengono vandalizzate, distrutte, rubate, lucchettate o addirittura parcheggiate sugli alberi o lanciate in corsi d’acqua. L’eccessiva libertà di utilizzo, d’altronde, comporta anche dei rischi, soprattutto se non vi è una coscienza comunitaria sviluppata.
Dati e informazioni
Alla luce di tali incresciosi inconvenienti, però, le compagnie come MoBike e OfoBike, non sembrano battere ciglio dal momento che si tratta comunque di perdite calcolate e circoscritte, in ottica di guadagni futuri provenienti dalle informazioni che queste biciclette riescono a fornire.
Il guadagno, infatti, non proviene strettamente dal noleggio delle bici ma dai dati che queste raccolgono grazie al localizzatore GPS. Gli utenti che vogliono noleggiarla, infatti, devono avere un profilo e associare una carta di credito. Queste informazioni, unite alla registrazione degli spostamenti, permette alle compagnie di rivendere i dati a terzi, che potranno sfruttarli per marketing mirato e incrementare i propri guadagni.
Il bike sharing, dunque, non sembra si arresterà tanto a breve, nemmeno in seguito alla distruzione di qualche bici da parte di vandali e incivili. Basti pensare che in città asiatiche come Pechino, popolata da circa 20 milioni di abitanti, le bici condivise ammontano a oltre due milioni, numero molto simile a quello di Shanghai.
Sempre secondo le stime di MoBike e OfoBike, le bici che vengono usate in modo non ortodosso non superano il 3% del totale, un numero esiguo e che, con una sempre maggiore presenza di mezzi e un rinnovato senso civico, può solo diminuire.
Bici e localizzatore
Non tutti i consumatori, però, potrebbero essere interessati a questo sistema di condivisione, soprattutto perché, se utilizzati ogni giorno, possono ammontare a spese non indifferenti alla fine del mese. In alcuni casi dunque è anche lecito chiedersi se è possibile installare un localizzatore GPS nella propria bici, per essere sempre sicuri di ritrovarla anche qualora questa venga rubata.
Sul mercato è possibile trovarne di diversi, da quelli un po’ più ingombranti e visibili fino a quelli di dimensioni contenute che possono magari essere nascosti sotto il sellino o nei pressi del manubrio. Il loro funzionamento avviene solitamente tramite una scheda SIM abilitata per il traffico dati e SMS. Gli operatori nazionali hanno iniziato a offrire tariffe apposite, dal costo di pochi euro mensili, per garantire il funzionamento dei dispositivi per la localizzazione.
Prima di acquistare il miglior localizzatore GPS in commercio, però, assicuratevi di dare un’occhiata alla scheda tecnica dello stesso, in modo da capire immediatamente quali siano gli operatori con cui è in grado di funzionare. Non tutti infatti supportano ogni tipo di scheda SIM e potreste quindi finire con lo sperperare inutilmente il vostro denaro.
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